Federico Federici

Nacque a Castel d'Emilio  il 20 dic. 1844 da Crescentino, chirurgo e medico condotto del paese, e da Giovanna Federici. Fin dall'infanzia mostrò inclinazioni religiose e disposizione allo studio, per cui la sua educazione venne affidata al seminario vescovile di Ancona. Avendo dimostrato di possedere le qualità per aspirare ad una formazione più completa, il F. fu successivamente ammesso al collegio "Capranica" in Roma, ottima scuola in seno alla quale egli espresse doti considerevoli, conseguendo il 6 sett. 1864 la laurea in filosofia, e il 13 luglio 1867 quella in teologia all'università Gregoriana. Venne ordinato sacerdote ad Ancona il 13 dic. 1868. Prese subito ad insegnare teologia, filosofia, matematica, fisica e scienze in varie scuole di quella città, divenendo ben presto professore presso l'istituto "Vittorino da Feltre", e poi istitutore nel seminario dove aveva studiato; contemporaneamente svolse una sua privata attività dinsegnamento nell'ambito di alcune famiglie anconetane. Ebbe anche incarichi pastorali: per tre anni resse, come viceparroco e coadiutore di don G. Gasparoni infermo, la cura di S. Maria della Misericordia di Ancona. Il 14 nov. 1876 fu promosso dal vescovo di Ancona, cardinale B. A. Antonucci, canonico della cattedrale di S. Ciriaco, e pochi anni dopo ottenne da Leone XIII, in segno di gradimento per la sua opera di educatore, il titolo di prelato domestico soprannumerario.

Appassionatissimo di ornitologia e di botanica, fu in relazione con i più famosi naturalisti del tempo, e venne ascritto in quella classe alla Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei. Essendo egualmente versato nelle discipline scientifiche e in quelle umanistiche, il F. tentò sempre di armonizzarle nell'insegnamento, nel tentativo di farne per quanto possibile una cosa sola. Fu assai attivo nell'ambito dei raduni scientifici e didattici. come pure in quello dei congressi cattolici, compiendo a tale scopo molti viaggi per l'Italia, nel tentativo di tenersi al corrente specialmente della ricerca scientifica, dell'economia sociale, ma anche delle problematiche teologiche e morali che la situazione politica del tempo poneva.

Resta memoria di un suo intervento su L'istruzione e l'educazione nelle Marche, pronunciato al I congresso cattolico regionale tenutosi in Ancona il 4 e 5 sett. 1882. Partendo da alcune sue esperienze d'insegnamento ai giovanetti poveri dell'istituto "Buon Pastore", si occupò con impegno delle condizioni dei giovani operai, pubblicando a Bologna nel 1876 Della educazione degli operai, in cui mostra una visione abbastanza avanzata del problema. Diede in seguito alle stampe La filosofia necessario complemento dell'educazione (Bergamo 1884); Commento alla lettera esortatoria di s., Tommaso d'Aquino ad un giovane in cui propone il modo di acquistare salutevolmente la scienza umana e la divina (Ancona 1886), e unRisposte alla vita aneddotica di Gesù Cristo scritta da un ribelle al senso comune, che però uscì senza il nome dell'autore a Foligno nel 1890, quando egli era già vescovo. In campo storico si occupò di argomenti locali, con Ancona e Loreto,notizie istoriche... (Ancona 1886 e 1887), Ancona e i papi (ibid. 1887), e Cenni istorici intorno ai benefici insigni con cui i papi rimunerarono la fedeltà anconitana (ibid. 1888). Infine, conoscendo sufficientemente il francese, egli curò la pubblicazione di Una donna forteLa contessa AdlestanStudio biografico e morale fatto dalpMarquigny S.J., tradotto da monsFederico Federici (Siena 1888), opera con cui intendeva "mostrare ai concittadini le bellezze filosofiche e cristiane di libri esteri".

Le benemerenze culturali del F. "estese anche alle scienze profane e naturali", ed i suoi sforzi per la diffusione "del retto sapere e della sana dottrina", spinsero Leone XIII a promuoverlo. Così, nel concistoro del 1º giugno 1888, egli venne preconizzato vescovo di Foligno, e consacrato in Roma il 10 successivo dal card. M. Rampolla del Tindaro, segretario di Stato.

A Foligno giunse Solo il 21 ottobre, facendosi precedere dall'Epistula ad clerum et populum dioecesis Fulginatensis data Anconae 14 octanno 1888, nella quale esprimeva specialmente il suo interesse per gli "adolescentes dilectissimi Seminarii", e per la qualità del clero (una copia a Roma, Bibl. naz., Misc. C 204.6). Ma entrò subito in contrasto con una parte di quel clero, portando a termine una rigorosa inchiesta contro il direttore del seminario e procurandosi così risentimenti vivaci che furono larvatamente ma maliziosamente ricordati da una parte della stampa (per esempio dal fiberale Lombardia, ma anche dal Corriere della sera) dopo la sua morte.

La diocesi di Foligno, quando egli ne assunse la guida, era considerata sede difficilissima, come del resto quasi tutte quelle unibre, per le forti tensioni sociali che vi si erano instaurate e per le punte di eccezionale asprezza che vi aveva raggiunto l'anticlericalismo. Il principale proposito del F., giungendovi, fu quello di risollevare le sorti della religione attraverso un miglioramento della levatura culturale del clero, e volle farlo, come aveva annunciato, compiendo grandi sforzi a favore del seminario dove insegnò personalmente filosofia e scienze, e perseguendo lo svecchiamento dei metodi didattici. Allestì nel palazzo vescovile un vero Museo di storia naturale, trasferendovi da Ancona le sue notevoli collezioni ornitologiche e botaniche; inoltre, memore degli studi fatti al "Capranica" col celebre astronomo gesuita A. Secchi, impiantò nel seminario un importante osservatorio geodinamico, unico in Umbria (era stato donato nel 1882 dal principe L. Boncompagni e mai sfruttato), che rinnovò e ammodernò, chiamandovi nel 1889 il barnabita F. Denza, futuro direttore della specola vaticana. Non per questo trascurò la forinazione teologica degli allievi, dedicando speciale attenzione alla letteratura biblica ed all'ermeneutica scritturale, nella quale eccelleva. Legatissimo al card. Rampolla, si mostrò politicamente piuttosto intransigente, polemista rigido, predicatore attivissimo. Nel breve tempo del suo episcopato istituì la Società dei chierici poveri, destinata a sostenere le declinanti vocazioni religiose; nel 1889 consacrò la nuova parrocchiale urbana di S. Giacomo dei servi di Maria; nel 1892 pose la prima pietra della chiesa della Madonna delle Grazie. Non dimostrò invece particolare zelo per l'affermazione dell'Opera dei congressi, che in Umbria, nonostante gli sforzi di don U. Benigni, tardò notevolmente (il comitato diocesano sorgerà a Foligno solo nel 1896), pur dimostrando interesse per le nuove istanze organizzative dei cattolici, per le quali sollecitò più volte mons. M. Faloci Pulignani ad istituire in città una società di mutuo soccorso.

Ma certo il suo episcopato fu troppo breve per consentirgli di ottenere risultati di rilievo. La sera del 6 ag. 1892 il F. viaggiava sul treno da Perugia a Foligno, rientrando da Firenze dove si era trattenuto qualche giorno, dopo un periodo di cura alle terme di Montecatini. All'arrivo a Foligno, alle ore 22.05, fu trovato morto in un lago di sangue, con il setto nasale fratturato e la fronte sfondata sopra l'occhio destro, come se fosse stato colpito con un grosso martello, dopo una furiosa lotta testimoniata dallo stato degli abiti. In un clima di tanto appassionate e rancorose tensioni politiche, si fece subito l'ipotesi dell'assassinio politico, suffragata dal fatto che il cadavere aveva ancora su di sé l'anello con un prezioso smeraldo, la croce pettorale in oro e del danaro, mancando solo l'orologio d'argento e il portafogli.

L'assassino, che aveva riportato qualche ferita, si comportò come se facesse di tutto per farsi notare dal casellante di Ponte San Giovanni e da un medico cui chiese di medicarlo, onde fu facilmente individuato ed arrestato alla stazione di Ellera. Risultò trattarsi del fabbro A. Poggioni da Tuoro, di 28 anni, addosso al quale furono trovati l'orologio del F., una sua medaglia, e 70 lire di cui non seppe indicare la provenienza, mentre il portafogli fu rinvenuto poco lontano. Confessò ben presto, adducendo a motivo del suo gesto il fatto che il vescovo aveva voluto farlo uscire con scortesia dal suo scompartimento, onde era sorta una lite; ma risultò che era di idee anarchiche e violentemente anticlericali, più volte manifestate in pubblico. Il processo si svolse in poche ore presso la corte d'assise di Perugia il 9 sett. 1892, concludendosi con la condanna del Poggioni all'ergastolo, ma lasciando molte ombre sulle motivazioni del delitto.


 

 

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